
Qual è il significato spirituale del lavoro con il corpo?
Torniamo all’idea che il corpo è l’anima allo stato materiale e dunque lavorare con il corpo significa lavorare con l’anima. Perché come dice William Blake “ il corpo è la parte dell’ anima che si percepisce con i sensi”.
Il nostro corpo è uno specchio del nostro mondo interiore, da una parte manifesta le nostre qualità essenziali, e da un altra mostra dove stiamo interrompendo il flusso della vita, sia a livello fisico che psichico e spirituale.
Il lavoro sul corpo proposto è, pertanto, un’ esperienza di consapevolezza : possiamo conoscerci attraverso il corpo. E’ anche un modo per rimuovere progressivamente i blocchi che lo limitano all’interno di una piccola storia personale e, grazie a questa liberazione, essere capaci di esprimere valori ed esperienze più ampie e universali.
Il nostro corpo in libertà è saldo e, al contempo, mobile. Ha una sua “misteriosa elasticità” come dice Durckheim “frutto del suo contatto con la profondità dell’ esistenza”.
Quindi, questo lavoro con il corpo ha come obiettivo l’apertura all’Essere profondo che siamo, e il gioire di esprimere la nostra libertà e potenza interiore attraverso il nostro corpo.
Il movimento con la musica: ritmico, lento e meditativo
Nel nostro corpo può risvegliarsi un flusso di energia che generalmente non conosciamo. È l’energia profonda che si trova nel nucleo della materia, quel nucleo che una volta scisso produce energia nucleare.
Questo immenso potere si trova anche nel centro dei nostri atomi e delle nostre cellule, è il cuore dell’esistenza, ciò che gli induisti chiamano Sat.
“L’individuo deve diventare un essere universale e vivere come tale.Deve riconoscere il suo corpo fisico non come un’entità separata, ma come una unità insieme all’intero flusso della Forza Invisibile che esiste in tutte le cose e le sostiene” dice Sri Aurobindo.
Il contatto della nostra coscienza con quella energia primordiale che si trova al nostro interno, spesso si risveglia grazie al movimento del corpo. Per questo sono nate tecniche come lo yoga, la danza sacra, la bioenergetica, rio abierto o altre correnti.
Questi lavori con il corpo sono sempre un “movimento consapevole” e mi pare corretta quest’associazione di corpo e coscienza, perché è portando attenzione al corpo in una determinata maniera che provochiamo il risveglio della nostra Presenza.
Danzando consapevolmente, possiamo cominciare a sentire che siamo vivi, che siamo quelli che siamo, che siamo profondamente nel qui e ora. Cosa ovvia ma non evidente, e chissà sia proprio il corpo a sapere meglio che l’unico luogo e momento dove stare è l’istante presente.
È attraverso questo movimento consapevole che si risvegliano in noi energie più profonde, e la musica ci aiuta con la sua sorprendente varietà creativa. Come dice l’I King “il movimento ritmico del corpo va creando il ponte verso il mondo invisibile”.
Il movimento e la musica stimolano le nostre cellule a elevare la loro vibrazione e noi con la musica cominciamo a penetrare là dove la vibrazione energetica è più alta, sottile e potente.
Man mano che l’energia comincia a distribuirsi e a fluire per tutto il corpo, cominciamo a percepire più chiaramente la nostra potenza. Anche la nostra sensibilità comincia ad essere presente e quindi a liberarsi anche il livello affettivo. Spesso appare la gioia, il desiderio di contatto, l’entusiasmo e la fiducia nella vita.
E, in una notevole alchimia ma chiaramente percepibile a chi osserva il suo mondo interiore, anche la mente si acquieta, diventa più leggera, si apre per andare più in profondità, fino ad arrivare al luogo in noi dove risiede la pace.
Questo è il percorso naturale dell’energia quando è libera. E da questa pace mentale, aprirsi a mondi interiori più sottili e lasciarsi andare è il passo naturale. In quello stato appare la coscienza del Momento Presente, visto che: ”in quale altro luogo o tempo vorrò andare se la vita si manifesta così intensamente nel mio qui ed ora?”
A fin che questi benefici siano duraturi la pratica con il corpo ha bisogno di essere sistematica e continua, ed essere accompagnata di un lavoro specifico sulla psiche e sulla spiritualità.
Lavorar in gruppo, con il corpo, trasforma una pratica individuale in un evento a favore della armonia sociale: chi entra in contatto profondamente col suo Essere e sente la propria vitalità e il proprio amore, non desidera lottare ma collaborare, non ha bisogno di lamentarsi dato che la vita scorre gioiosamente dentro di sé e, soprattutto, sente il desiderio di condividere quest’apertura interiore con gli altri.
Grazie a una lunga esperienza di pratica quotidiana, si può stabilizzare attraverso un’esperienza diretta, in che modo il movimento del corpo muove l’anima, per dirlo poeticamente. E come, quando il corpo e l’anima cammino insieme coscientemente, la nostra vita diventa più sincera, gioiosa e semplice.
E’ per questo motivo che in tutti i gruppi di crescita, la pratica del movimento con la musica, ha per me un posto speciale.
La lettura del corpo
Il corpo, essendo la nostra parte più materiale, rende visibile quello che accade in altri piani della nostra coscienza, quello mentale, affettivo e spirituale. Proponiamo ancora una volta l’idea che “incontrare un corpo è incontrare un’anima”.
Quando, attraverso la lettura del corpo, guardiamo con rispetto e interesse per prendere consapevolezza di ciò che il corpo ci “presenta”, questa lettura diventa uno strumento di risveglio della nostra coscienza, visto che il corpo ci parla e come dice Lowen “è il meno capace di mentire”.
Il corpo ci racconta, attraverso la postura, ciò che è rimasto trattenuto, non solo al livello fisico ma anche a livello psichico e mentale. Ricordo le gambe contratte di una donna che evocavano la sua paura di farsi pipì addosso a scuola, rinnovando ogni giorno il sentimento di vergogna e il suo bisogno di controllo.
A volte invece di ripetere un gesto antico come quello di stringere le natiche, il corpo sta manifestando un “movimento interrotto” della nostra psiche. Ad esempio delle braccia che si alzano di qualche centimetro rispetto alla posizione naturale ai lati del corpo e che ci sorprendono per la loro posizione scomoda e innaturale. Braccia che, consentendo loro di continuare il movimento nello spazio, si alzano fino a chiedere amore e compagnia, protendendosi verso la persona desiderata.
Un movimento che è stato interrotto nel suo momento originario e che è rimasto lì, ripetendosi nel tempo, a metà strada, evocando un atteggiamento psico-fisico in parte di richiesta e in parte di rinuncia.
Ricordo anche una persona che in piedi di fronte a me ruotava leggermente il corpo in una torsione della colonna vertebrale come se stesse per girarsi e andarsene, ma senza farlo, e perpetuando così nel suo mondo interiore e fisico questa vivenza “me ne voglio andare ma rimango, ci sono ma non del tutto”.
Tutti noi abbiamo questo tipo di fissazioni nel nostro corpo-psiche, contratture croniche che mettono in evidenza sentimenti e pensieri, anch’essi cronici, movimenti interrotti che vorrebbero essere completati. Conoscerli è crescere in consapevolezza.
Questi squilibri ci distolgono dal nostro naturale centro di gravità corporeo, che corrisponde al nostro centro di gravità interiore; quindi, perdere o ritrovare il primo, implica anche perdere o rincontrare il secondo.
Possiamo anche scoprire nel nostro corpo e nella nostra postura risorse insospettabili, manifestazioni della nostra vita interiore a noi talvolta sconosciute, ad esempio delle gambe forti e ben piantate che con la loro posizione parlano del nostro solido e saldo contatto con il mondo materiale, o uno sguardo vivo e affettuoso che manifesta un cuore aperto. Recuperare anche la coscienza di queste qualità ci arricchisce e completa.
Quando siamo disposti a leggere quello che il nostro corpo manifesta con la postura, con la sua respirazione, il suo modo di parlare o camminare, scopriamo elementi preziosi per la nostra autoconoscenza.
In questo essere semplicemente più consapevoli della nostra esperienza facciamo un passo concreto nella direzione del risvegliare la presenza nel qui e ora, dato che dare attenzione all’aspetto profondo del nostro corpo è dare attenzione al momento presente.
Oggi preferisco fare la lettura del corpo individuale come parte dei gruppi di formazione, perché trovo sia un modo di imparare gli uni dagli altri e di approfondire questa coscienza dell’unità di corpo-anima in noi stessi e nell’altro.
Il contatto fisico
Dal contatto intimo e profondo con nostra madre nell’utero passiamo a un contatto con “il nulla”, l’aria, il duro e rigido, la solitudine. E probabilmente desideriamo tornare a quel luogo caldo e sicuro, totalmente contenuti e accompagnati.
Chissà sia questo il paradiso al quale aneliamo tornare, sentendoci come fuori di casa, esiliati. Forse il nostro “paradiso” è proprio quel momento di contatto con l’Essere di cui ho parlato e che frequentemente abbiamo vissuto nella nostra coscienza mentre eravamo nell’utero materno.
Quello che è sicuro è che spesso non sappiamo qual è ora il nostro posto nel mondo. Sicuramente non è in un utero allargato, come a volte propongono certe sette, approfittando di quel bisogno di contenimento e protezione che l’essere umano sente.
Quando usciamo dall’utero, quello spazio conosciuto, caldo e protettivo è sostituito da una distanza dagli altri, al quale si aggiunge spesso un contatto fisico non amorevole, forse non nei primi giorni o mesi ma presto o tardi tutti siamo stati lasciati soli, freddi, a volte al buio, a volte picchiati, spinti o guardati con odio.
Tutto questo genera una reazione: qualcuno reagisce attaccandosi di più al contatto, un altro ci rinuncerà e un altro ancora lo rifiuterà decisamente. Ma la vita è contatto. E non possiamo prescindere dall’incontro fisico tra esseri umani, per avere figli, per viaggiare in treno, per salutarci, imparare a nuotare o andare dal medico.
Allora come ritornare a ciò che è naturale? E cosa è naturale?
Ciò che è sano e naturale è che il contatto di un essere umano con un altro sia piacevole, benefico, risanatore. Per questo c’è una sorta di rifiuto verso le esperienze di contatto che non lo sono.
Molti di noi hanno provato l’effetto di un massaggio fatto con amore, una mano sulla schiena, uno sguardo complice. Re-imparare a toccarci, a sentire la necessità del contatto non solo fisico ma psichico e spirituale con gli altri, ascoltare il nostro bisogno di essere toccati con rispetto e saggezza, è un cammino in cui il corpo ci può aiutare a contattare e curare altri livelli del nostro essere.
Per questo nel mio lavoro includo questa visione ed esperienza. Esiste un tipo di contatto che possiamo recuperare e che ci riconnette con la nostra essenza, ci guarisce e ci aiuta ad arrivare di nuovo con la coscienza fino al corpo e lì ancorarci, presenti, aperti, fiduciosi. A volte lo chiamo massaggio, a volte semplicemente contatto, può essere più tecnico o più intuitivo, ma sempre sarà un alimento per chi sappia aprirsi a riceverlo, e a darlo.